Ristoratore di nascita, Stefano Ceccarelli si dedica alla pasticceria negli anni ottanta, prendendo il meglio della decadente e ancora sonnacchiosa Vienna.

venerdì 26 febbraio 2010

Cioccolato I


Il cioccolato (o la cioccolata) è un alimento derivato dai semi della pianta del cacao(Theobroma cacao L.) diffuso e ampiamente consumato nel mondo intero. È preparato a partire dal burro di cacao (la parte grassa dei semi di cacao) con aggiunta di polvere di semi di cacao, zucchero e altri ingredienti facoltativi, quali il latte, le mandorle, le nocciole o altri aromi.
Il cioccolato viene prodotto nelle forme più svariate; la più comune è la tavoletta, ma, sia industrialmente che artigianalmente, il cioccolato viene modellato in forme diverse, specie in occasione di ricorrenze o festività - come nel caso delle uova di Pasqua.
Oltre a ciò, il cioccolato è anche un ingrediente di svariati dolciumi, tra cui gelati, torte,biscotti e budini.
Alcuni studi sembrano confermare che il consumo frequente di cioccolato possa condurre ad un particolare forma di dipendenza detta, per analogia con l'alcolismo, cioccolismo. Altri studi dimostrano come l'assunzione di cioccolato stimoli il rilascio di endorfine, in grado di aumentare il buon umore.
Il termine cioccolata viene utilizzato come sinonimo di "cioccolato" oppure per indicare una bevanda liquida a base di polvere di semi di cacao, nell'uso occidentale contemporaneo invariabilmente con l'aggiunta di zucchero (al contrario di come veniva consumato il cacao in bevande salate e speziate nelle culture precolombiane).

L'origine linguistica delle parole cioccolato e cacao
La pianta Theobroma Cacao (nome scientifico del cacao) fu classificata da Linneo, considerando il nome che aveva e l'uso che se ne faceva presso le civiltà che la utilizzavano all'epoca: cacao cibo degli dei.
  • Il cacao, nella lingua della famiglia mixe-zoqueana che parlavano gli olmechi attorno al 1000 a.C., si pronunciava kakawa. In epoche successive i maya, più precisamente nel corso del loro periodo classico (fra il III secolo ed il X secolo), iniziano a chiamare il Theobromacon il termine "kakaw". In quel tempo si cominciavano a miscelare alla bevanda aromi di varia natura, ad esempio il chili, e essa assumeva il nome di "ik-al-kakaw".
Presso i maya il cioccolato veniva chiamato kakaw uhanal, ovvero "cibo degli Dei", e il suo consumo era riservato solo ad alcune classi della popolazione (sovrani, nobili e guerrieri). I maya amavano la bevanda di cacao preparata con acqua calda. Acqua si diceva haa, e caldo si diceva chacau. La bevanda di cacao assumeva il semplice nome di chacauhaa. Sinonimo di chacau erachocol, da cui deriva chocolhaa, sicuramente il primo nome che si avvicina allo spagnolo chocolate.
Facendo un ulteriore salto, arriviamo alla conquista spagnola della seconda metà del XVI secolo dove si consumava una bevanda per metà di cacao ("cacahuatl") e per metà di "pochotl" che prendeva il nome di "chocolatl" ('chocol' di radice maya che significa caldo e 'atl' di radice azteca che significa acqua, pronuncia "ciocolate"). In ogni caso, perché gli spagnoli per indicare le bevande a base di cacao non accolsero "cacahuate", ma preferirono adottare "chocolatl"? Questo fatto dipenderebbe da quel fenomeno per cui le parole di una certa lingua possono avere suono e significato inaccettabile in altre. Il termine «caca», in spagnolo è un'espressione volgare, connessa con le feci e non poteva essere tollerabile un suono del genere per indicare una bevanda consumata prevalentemente dall'aristocrazia e dalla nobiltà reale, soprattutto se riferita ad una bevanda densa, marrone scuro e originariamente amara.
  • Una seconda teoria fa derivare la parola dal dio Azteco Quetzalcoàtl, che secondo la leggenda donò ai mortali il seme del cacao per farne una bevanda amara, energetica e afrodisiaca. Secondo tale teoria da qui deriverebbe il nome del seme cacahuatl e poi anche di chocolatl.
  • Una ulteriore teoria, che sembra la meno credibile, parte dall'etimologia proposta da Thomas Gage (peraltro molto utilizzata in campogastronomico), in cui oltre al termine nahuatl atl si aggiunge choco, onomatopeico che indicherebbe il suono prodotto dal "molinillo" che agita la mistura durante la preparazione. Contrariamente a quanto si pensa, poi, il termine molinillo non sarebbe il diminutivo dello spagnolomolino (mulino), che effettivamente ha poco a che fare con il movimento che occorre per preparare il cioccolato, ma dal verbo nahuatlmolinìa, che significa muovere, sbattere ed agitare, da cui deriva anche il sostantivo moliniani, che indica ciò che è si muove o che si agita.

fonte:www.wikipedia.it

giovedì 25 febbraio 2010

Torte


La torta è un prodotto da pasticceria, generalmente di forma rotonda, utilizzata spesso per festeggiare ricorrenze particolari.
In Italia si intende come la pietanza dolce che conclude il pasto. Ne esistono di svariati tipi classificati generalmente così:
  • In base al tipo di preparazione, dolce o salata.
  • In base alla temperatura di servizio, caldo o freddo.
  • Secondo il metodo di produzione, cotta o cruda.
  • In base alla forma dello stampo, a ciambella, a mattonella, a cupola.

Alcune Torte Tradizionali

  • Torta biscotti, ricotta, mascarpone e marmellata
  • Torta ricotta e cioccolato
  • Torta al vino
  • Torta di mele
  • Torta ai pinoli
  • Torta millefoglie
  • Torta avola
  • Torta al limone
  • Torta con l'uva
  • Torta della nonna
  • Torta Sacher (austriaca)
  • Torta di Mascarpone
  • Ciambella romagnola
  • Tiramisù
  • Torta barozzi

mercoledì 24 febbraio 2010

Biscotto


Etimologia

La parola deriva dal latino « panis biscotus », significante « pane cotto due volte », e le cui prime evidenze risalgono al X secolo.

Il biscotto è una preparazione di cucina e di pasticceria dolce, di dimensioni ridotte (5-10 cm) e di forma geometrica variamente decorata, solitamente cotta nel forno sino a perdere quasi ogni traccia di umidità.

I biscotti sono una preparazione antica, caratterizzata da forte presenza del miele (in origine) o dellozucchero (più recentemente) e dalla completa cottura in forno: due caratteristiche che li rendevano conservabili anche per lunghi periodi.

I biscotti sono solitamente a base di farina, uovo, burro, zucchero ed eventualmente lievito e aromi vari. Oggi la farina usata è in massima parte di frumento, ma non mancano esempi di farine diverse come gliamaretti di farina di mandorle, i nocciolini di Chivasso di farina di nocciole piemontesi o le paste di meligadi farina di mais, per restare nella sola tradizione italiana. I biscotti entrano nella tradizione culinaria di tutto l'Occidente, del Medio Oriente e dell'Estremo Oriente e si presentano un numerosissime varianti.

Tipi di Biscotto

I biscotti compaiono nella tradizione culinaria di quasi tutti i paesi e talvolta hanno migrato al seguito di eserciti, matrimoni reali o spostamenti di colonie di contadini. Tentare una classificazione è difficile, tuttavia possiamo individuare alcune tipologie. Tra i più frequenti e conosciuti troviamo, in ordine di apparizione storica:

Cialde:
Sono preparazioni in cui una pastella viene cotta su una superficie rovente, che solitamente è tonda o romboidale e presenta uno stemma o una superficie a grata. Le cialde possono essere dolci o salate e sono diffuse in tutta Europa sin dai tempi dei Greci (obleios) e dei Romani (alita dolcia). Dolci simili si trovano anche in Russia, (blini), in India (poori), in Medio Oriente (qata'if), in Indonesia (dadar gutung), in Cina (bao bing). La stessa famiglia appartengono le crêpes, i pancakes, le tegole e i wafer. Sono una delle preparazioni più antiche ed erano diffusissimi già nel medioevo. Oggi come allora si accompagnano al dolce quanto al salato.
I contenuti variano enormemente: uova, burro, latte, olio, zucchero, miele, aromi vari. Le cialde esistono di tre tipi: croccanti e friabili (come le tegole italiane), morbide e soffici (come le gauffres), morbide e piatte (come le crêpes). Alcuni esempi: le gauffres francesi, belghe e tedesche, i wafels olandesi, le tegole o i canestrelli italiani, le infinite varianti di wafer diffusi in tutta la Mitteleuropa.

Biscotti Speziate:
Hanno una forte componente di aromi quali anice, cannella, noce moscata, pepe, zenzero, semi di papavero, ecc… e sono spesso dolcificati con il miele. Sono comuni nell'Europa centrale e settentrionale e spesso accompagnano la tradizione del Natale di Santa Claus. Possono contenere burro o lievito e sono, solitamente, di forma fantasiosa (pupazzetti, animaletti, cuori, fiori, stelle, abeti o Santa Claus) e variamente decorati con glasse e confettini di zucchero.
Alcuni esempi: i mustazzoli in Italia. Gli speculoos Belgi, Austriaci e Tedeschi, i Ruiter Speculaas Olandesi, solitamente a forma di mulino a vento, le Zimtsterne e i Lebkuchen tedeschi, i pan di zenzero Tedeschi, Olandesi, Svedesi, spesso a forma di casetta decorata di canditi e confetti per ricordare la storia di Hansel e Gretel, i kaneelkoekjes Olandesi.

Biscotti di pasta di mandorle:
È una famiglia davvero ampia, inizialmente di tradizione araba e pian piano diffusasi praticamente ovunque dalla Sicilia alla Germania, dalla Spagna alla Danimarca. Alcuni esempi: gli amaretti, i ricciarelli, la pasta di mandorla, i Canestrelli e la frutta di Martorana in Italia, i Kipferln e i Spitzbuben in Germania, i perrunillas, almendrados e i bocaditos in Spagna, i bitter koekjes in Olanda, i petitfour francesi.

Biscotti di frutta secca o canditi
Sono preparati con aggiunta o ripieno di noci, nocciole, noccioline, mandorle,castagne, fichi secchi, datteri, canditi di frutta varia (arancia, limone, zucca), uva passa. Sono diffusi ovunque secondo la disponibilità di ingredienti del territorio.
Alcuni esempi: i brut e bun di nocciole, le pitte di San Martino con le scorze d'arancia candita, i ravioli dolci di fichi, datteri o uvetta, i pan de mòrt con le mandorle, le passulate con noci e mandorle, i petrali con fichi secchi e uva passa in Italia, kletskoppen di noccioline in Olanda, le Zimtsterne di noci e nocciole Tedesche, i mince pies con frutta secca al brandy in Inghilterra, i sanyura con mandorle o pistacchi e acqua di fiori d'arancio in Libano, i mamul di datteri e talvolta semola anziché farina di frumento, i barazik di sesamo in Siria.

Frollini o Paste di Frolla
Sono i biscotti di pasta frolla. Hanno un impasto di farina, burro, zucchero e uova e la presenza di burro è notevole; sono più recenti dei primi e più deperibili. Appartengono alla grande famiglia delle paste secche di pasticceria ed erano riservati ad occasioni di feste, anche in considerazione della forte presenza di burro che li rende molto nutrienti e non sempre facilmente digeribili.
Accanto alla tradizionale produzione artigianale, oggi si affianca una imponente produzione industriale e ifrollini sono spesso venduti come prodotti da colazione. Alcuni esempi: le paste di meliga con farina di mais, le offelle con olio di oliva, le margherite di Stresa in Italia, gli spritsgebak in Olanda, gli shortcake e gli shortbread inglesi e americani, gli alfajores in Spagna.

Biscotti della Salute
Detti così perché o hanno ingredienti ritenuti curativi (come le fibre) o ricostituenti o perché mancano di ingredienti che possono risultare inadatti ad alcuni. Alcuni esempi: I Pavesini senza burro, le fette della salute, anch'esse senza burro, in Italia, i Digestive in Inghilterra e America. Rientrano in questa categorie anche le semplici e diffusissime gallette dolci, che spesso accompagnavano i pasti di soldati e marinai perché semplici, economiche e poco deperibili.
La categoria sta avendo oggi una forte espansione a causa del numero sempre crescente di allergici ai cibi più svariati. Troviamo quindi biscotti senza glutine, senza uova, senza noci o nocciole, senza zucchero, ecc, che spesso sono garantiti da una o più associazioni di consumatori quando non direttamente dal Ministero Italiano della Salute.
fonte: www.wikipedia.it

martedì 23 febbraio 2010

Pane


Il pane (dal latino panis) è un prodotto alimentare ottenuto dalla lievitazione e successiva cottura in forno di un impasto a base di farina di cereali e acqua, confezionato con diverse modalità, arricchito e caratterizzato sovente da ingredienti prettamente regionali.

Ha un posto fondamentale nella tradizione occidentale come componente primaria dell'alimentazione, al punto che il termine stesso può diventare sinonimo di cibo o dinutrimento, non necessariamente fisico. Nella cucina più antica si usava il terminecumpanaticum per indicare ogni preparazione che poteva accompagnarsi al pane, sottolineando il suo ruolo fondamentale.

In Italia la legge ne stabilisce chiaramente le caratteristiche e le eventuali denominazioni con il Decreto del Presidente della Repubblica n.502 del 30 novembre 1998 che modifica la Legge n.580 del 4 luglio 1967.

Il pane può anche essere non lievitato, detto perciò azimo o azzimo, soprattutto nel caso sia da conservare per lunghi periodi. Tale è ad esempio il biscotto del marinaio, detto anche "galletta", cibo di lunga durata (anche mesi) tipico della marineria a vela; anche diversi pani regionali italiani sono azzimi.

Il pane non lievitato è diffuso in diversi paesi medio-orientali.

Storia

Il pane era noto all'homo erectus, veniva preparato macinando fra due pietre dei cereali con acqua, cuocendo poi l'impasto su una pietra rovente.

Intorno al 3500 a.C. gli Egizi scoprirono la fermentazione, un impasto lasciato all'aria cotto il giorno dopo, risultando un pane più soffice e fragrante. Per gli Egizi il pane non era solo una fonte di cibo ma anche di ricchezza.

Gli Ebrei mangiano pane azimo, "Matzah", in occasione della commemorazione dell'esododall'Egitto: l'uso del pane non lievitato è simbolo dell'accingersi a intraprendere il viaggio, data la rapidità della preparazione e la ottima possibilità di conservazione di tale tipo di pane. In ricordo dell'Ultima cena di Gesù Cristo il pane azimo viene utilizzato nell'Eucarestia da molte confessioni religiose cristiane.

Dall'Egitto l'arte della panificazione passò in Grecia. I greci divennero ottimi panificatori, producevano più di 70 qualità. Inserirono alle ricette basi ingredienti come latte, olio, formaggio, erbe aromatiche e miele. Furono anche i primi a preparare il pane di notte.

fonte:www.wikipedia.it

lunedì 22 febbraio 2010

Cucina Italiana


La cucina in Italia, così come in altri paesi mediterranei, è molto ricca e variegata a causa dei diversi contributi delle culture e dei popoli che vi si sono succeduti (celti, greci, etruschi, romani,longobardi, arabi, normanni, austriaci, spagnoli eccetera). Questi contributi culturali, insieme alle differenze climatiche e ambientali e alla eterogenea storia geopolitica del paese hanno portato a varietà regionali ben caratterizzate.

In una visione di insieme (e quindi con le dovute eccezioni regionali) i tratti distintivi della cucina italiana comprendono tutti quegli elementi che vengono oggi considerati tipici della dieta mediterranea.

Negli ultimi anni si è risvegliato nel pubblico un notevole interesse per la gastronomia e l'enologia, e numerose associazioni si occupano della riscoperta e della salvaguardia delle tradizioni regionali italiane (ad esempio Slow Food e l'Accademia Italiana della Cucina).

La cucina italiana è molto apprezzata nel mondo per la sua varietà e la qualità dei suoi prodotti.

fonte: www.wikipedia.it

domenica 21 febbraio 2010

Pasta sfoglia


La pasta sfoglia è una preparazione di cucina e di pasticceria a base di farina, acqua e burro.

Di gusto neutro viene usata comunemente per preparazioni salate e dolci. Tra le preparazioni salate più note ricordiamo i vol-au-vent, i canapè, i salatini, svariate quiches salate e numerose preparazioni in crosta. Tra i dolci i diplomatici, i ventagli, le diverse millefoglie, e numerose preparazioni di pasticceria minuta come i cannoli ripieni di crema pasticcera.

Cenni Storici
La pasta sfoglia affonda le sue radici in epoche antiche, come testimoniano ricette come quella della baklava. Tuttavia la pasta sfoglia classica nella cucina europea, nasce ad opera di Marie-Antoine Carême nella seconda metà del 1700. Fu Carême, detto il cuoco dei re e il re dei cuochi, che stabilì il metodo a 5 giri che é tutt'oggi in uso.

Caratteristiche

La preparazione della pasta sfoglia prevede una serie precisa di passaggi, detti giri di pasta o di sfoglia. Si impasta 3/4 della farina con l'acqua per ottenere un panetto elastico e senza grumi, detto "pasta matta" o "pastello". La restante farina si amalgama con il burro o margarina (prendendo il nome di panetto) e lo si fa riposare per 30 minuti in frigorifero. Si prende un matterello e si spiana la pasta matta in una sfoglia di qualche centimetro di altezza. Si prende il panetto e lo si pone in centro alla pasta matta.
Si chiude la pasta matta portando il lembo sinistro sopra il panetto, poi il lembo destro quindi il lato superiore verso il centro poi il lato inferiore. È consigliato capovolgere il tutto. Si procede quindi alla spianatura con il matterello per ottenere una striscia rettangolare che abbia larghezza maggiore rispetto all'altezza. Si ripiega in tre o in quattro (es. 4 pieghe: lato sinistro verso il centro, lato destro verso il centro, i due strati del lato sinistro sopra il lato destro), fatte le pieghe si ruota di 90 gradi in senso antiorario (giro).
Questa operazione viene ripetuta per sei volte: nella pasta sfoglia ordinaria si ritiene sufficiente ripetere l'operazione 3 volte, nella pasta sfoglia classica o fine si arriva ai canonici 6 giri tramandati della ricetta di Carême. Tra un giro e l'altro si ripone il panetto in frigo (30 minuti), per mantenere la preparazione compatta e garantire una buona sfogliatura.
Una volta terminata la preparazione si procede a stendere la sfoglia per la preparazione scelta, che verrà cotta in forno a una temperatura dai 180 °C per torte salate con ripieno ai 200 °C per sfogliatine o cottura in bianco. La sfogliatura è determinata dall'azione combinata di calore, vapore e impermeabilizzazione determinata dalla materia grassa usata.
Per azione del calore, infatti, l'acqua contenuta nell'impasto evapora e provvede a far staccare l'una dall'altra gli strati che si sono formati per ciascun giro. Questi strati non fanno uscire il vapore perché l'alta concentrazione di materia grassa li rende impermeabili al vapore stesso. Il calore provvede poi a cuocere le sottili lamelle, che anche da fredde resteranno ben staccate e sollevate tra loro.
Ad oggi la preparazione della pasta sfoglia è di quasi esclusiva pertinenza dei pasticceri e gastronomi e viene eseguita con l'aiuto di un macchinario apposito, detto sfogliatrice.
Spesso, tuttavia, viene comprata già pronta in panetti o sfoglie già stese. Solitamente l'uso del burro è raro a trovarsi e gli viene preferita la margarina, molto più economica.
fone:www.wikipedia.it

sabato 20 febbraio 2010

La rivoluzione dalle Americhe: cacao, caffè, zucchero, vaniglia


A partire dalla metà del 1500 inizia quella che si configurerà come una rivoluzione del gusto. Paesi come la Spagna, la Francia, l'Inghilterra iniziano l'esplorazione e lo sfruttamento di territori noti inizialmente come Indie, che solo dopo qualche anno si compresero essere, invece, le Americhe.
Di qui gli Europei portano molti ingredienti del tutto nuovi, tra cui il cacao destinato a trovare un posto di assoluto rilievo nella pasticceria moderna.
Il Gelato diviene più facile da fare con la scoperta che miscelando ghiaccio e sale o ghiaccio sale e ammoniaca o ghiaccio e salnitro si potevano ottenere temperature sino a -25 °C.
Questo permette di usare per la preparazione alimenti come uova crude, panna o mascarpone, che senza un'adeguata conservazione nel freddo avrebbero sviluppato batteri letali come la salmonella o il botulino.
Grazie a questa scoperta il gelato si modifica, diventando molto simile a quello attuale. Passa infatti da neve o ghiaccio addizionato di ingredienti dolci a diversi ingredienti dolci in forma liquida che vengono congelati per contatto del contenitore con ghiaccio. Gelando vengono girati continuativamente per incamerare aria e divenire soffici, esattamente come avviene oggi. Le corti italiane, specialmente quella dei Medici, portarono questa preparazione allo stato dell'arte e da loro passò alle corti di Francia e del resto d'Europa. Per retaggio di questa tradizione ancora oggi il gelato migliore viene appellato all'estero come vero gelato italiano.
Questa epoca, ricchissima di scambi commerciali e diplomatici, vede inoltre la nascita di una preparazione nuova, destinata ad avere immensa fortuna: la Pâte Génoise. Con essa si diffonde il dolce soffice, che vedrà un connubio molto fortunato con ingredienti come il gelato, le creme, il cacao, le vaniglia. I dolci che derivano da questo incontro vengono spesso sviluppate in forme elaborate o addirittura monumentali nei banchetti di gala, ma sono, sostanzialmente, in tutto simili a quelle attuali.

fonte: www.wikipedia.it

martedì 16 febbraio 2010

Nel rinascimento e l'umanesimo: 1400-1500


Successivo al Libro della Cocina è il De Arte Coquinaria di un tale Mastro Martino, che testimonia il passaggio della gastronomia dell'alto Medioevo a quella Rinascimentale. Si ritiene che Martino si sia formato a Napoli, ma abbia operato a Roma presso diversi nobili. Qui il libro avrebbe visto la luce attorno al 1465. Martino fu citato da numerosi intellettuali e il suo ricettario ebbe immensa fortuna: l'autore era, cosa rara, un cuoco raffinato ed istruito. Il libro, scritto in lingua volgare, è diviso in capitoli e tra essi si comincia a delineare una maggior identità delle pietanze dolci rispetto a quelle salate.

Tra le ricette troviamo numerosi dolcetti fritti: il famoso krapfen, le frittelle dolci, simili ai moderni doughnuts americani, i bignè di carnevale fritti in uso in Italia e Francia, le Offelle de lo Palio, ravioli dolci ripieni di noci, nocciole e mandorle tritate legate con miele e spezie, che si friggevano in abbondante grasso. Fiori, frutta, spezie e bacche, infine, erano ingrediente privilegiato per numerosi sciroppi, come quello di biancospino o per liquori variamente fermentati, come il Rosolio.

L'arte di candire

Un posto di rilievo occupano i canditi. La pasticceria, in questo periodo, veniva spesso chiamata confetteria dall'azione di conficere, candire di zucchero fiori, frutti, semi. I canditi di fiori rimasero in largo uso fino a tutto il 1800. Quelli di frutta, come meloni, agrumi, albicocche, pesche, sono in uso ancora oggi nelle zone del Mar Mediterraneo. Trovano un posto fondamentale in dolci come la cassata alla siciliana, il panforte di Siena o il panettone. I canditi di semi quali noci e mandorle erano diffusissimi in dolci come e il nucato, croccante di noci.

Queste preparazioni hanno sfidato i secoli e sono diffusissime ancora oggi nelle forme più varie: confetti di mandorle, croccante di noci, nocciole, sesamo, torroni e praline. In particolare la mandorla occupa un posto di assoluto rilevo nella pasticceria medioevale con il marzapane, che veniva preparato in dolcetti di varie fogge quali bocconotti, morselletti, calicioni. La pasta di mandorla veniva modellata in forme varie, come oggi è ancora usanza nel periodo pasquale dove si modella l'agnellino. Tuttavia nei secoli passati le forme potevano essere monumentali e rappresentare persino edifici, come il castello del signore che ospitava il banchetto. Le mandorle entrano in numerosissime paste, talvolta giunte sino a noi. Tra queste i mostaccioli, ovali o a forma di dito con miele e mandorle.

Ai pinoli veniva riservato un ruolo importante in dolci come la pignoccata o pinoccata che si può gustare tuttora in Umbria. La frutta secca, inoltre, entrava in molte ricette di crostate dolci, come la Rocciata di Assisi, dolce a ciambella formato da un guscio di pasta ripieno di uvetta, uva, canditi e spezie varie. Una curiosità: il termine Rocciata non indica la consistenza, ma la forma roccia, cioè tonda, secondo il dialetto locale.

fonte: www.wikipedia.it

lunedì 15 febbraio 2010

Nei secoli XIII-XIV


L'Alto Medioevo rappresenta un passo fondamentale verso il concetto di pasticceria nel senso oggi comune, grazie ai fiorenti traffici che portavano alcuni ingredienti fondamentali alle corti dei nobili. Tra questi zucchero di canna, cannella, zenzero, riso, sesamo, noce moscata,chiodo di garofano.
In particolare il periodo che va dal 1300 al 1400 vede nascere le basi dell'arte culinaria che, evolvendosi, giungerà sino a noi. In questo periodo vengono scritti diversi ricettari che, sebbene non esaurienti e lacunosi su molti punti, evidenziano che mangiare cominciava a diventare un'arte codificata in tutta Europa e non un semplice "mettersi a tavola". Viene recuperata l'attenzione alla dietetica recuperando la teoria degli umori di Galeno, riportata in Europa dagli Arabi, attenzione che garantì una buona diffusione alle varie opere culinarie giunte sino a noi.

Il primo ricettario dell'epoca sembra essere stato il Libro della Cocina, di un anonimo fiorentino, che riporta una sessantina di ricette di uso comune, da cui si nota ancora una notevole commistione di dolce con salato. Le ricette dell'epoca cominciano ad essere per noi più decifrabili, grazie all'evoluzione della lingua volgare che accenna i caratteri che la porteranno a diventare lingua nazionale. I dolci assumono tipologie e caratteristiche che manterranno per i secoli a venire e che verranno non più sostituite, quanto integrate dalle novità che andranno via via a formarsi grazie anche all'apporto di nuovi ingredienti.
Una suddivisione semplificata ci porta a delineare alcune famiglie principali:
  • Dolci fritti come frittelle, crispelle, ravioli dolci ripieni di spezie, noci o mandorle, miele, frutta secca. Da essi derivano le attuali frittelle, ikrapfen, i bignè e le bugie o chiacchiere di carnevale, i doughnuts americani, gli struffoli napoletani e altri simili.
  • Biscotti e cialde come le gauffres, francesi e belghe, i pancakes americani, le crepes francesi, i pfannkuchen tedeschi, canestrelli italiani, le Offelle
  • Pandolci lievitati di frutta o spezie, conosciuto dalla cucina austriaca e tedesca, in Italia come il Panpepato, il Buccellato, ilPandiramerino. Da essi derivano dolci come il Panettone, il Pandolce genovese.
  • Dolci non lievitati a base di frutta secca. Molti dolci sono in uso ancora oggi e hanno mantenuto quasi invariati gli antichi nomi: lo Zeltensudtirolese, la stiaccia briaca elbana, la Rocciata di Assisi.
  • Dolci di frutta oleaginosa. Spesso legati con miele, caramellato o meno, comprendono tutti i dolcetti di mandorle, antenati degli attuali amaretti, i croccanti di semi dolci, come il Nucato di noci, il Torrone(di origine araba), la Pignoccata umbra, il Panforte di Siena ed il Früchtebrotdal Tirolo.
  • Canditi. Diffusissimi e preparati con frutta di ogni genere: datteri, pesche, agrumi (particolarmente apprezzati), meloni, fichi, mandorle, da cui derivano i nostri canditi nuziali.
  • Sciroppi, vini aromatizzati e liquori. È una famiglia molto diffusa e variegata, allora più di oggi. Comprende preparazioni come il Sidro, il Rosolio, distillati di frutta varia, vini speziati come l'Ippocrasso, o l'Alchermes, liquori di bacche come il Biancospino o il Ginepro.
  • Dolci al cucchiaio, alcuni già diffusi in epoca romana: creme, budini, flan, polente dolci, sformati di farine varie, come il castagnaccio.
  • Crostate, più diffuse nel salato, che man mano vedranno moltiplicarsi le versioni dolci. Diffuse all'epoca con ripieni di formaggio fresco e miele, talvolta addizionati di spezie e canditi. Da esse derivano dolci come la cassata siciliana e tutta la famiglia del Käsekuchen (torta di "topfen o quark" (formaggio fresco)).

Si noti che non si presentano ancora preparazioni deperibili e molto raramente soffici: i dolci restano beni di lusso fatti per durare e venire trasportati senza problemi dalle carovane o inviati come doni tra i potenti. Gli unici dolci soffici sono, come nei secoli precedenti, i pani lievitati.

fonte: www.wikipedia.it

domenica 14 febbraio 2010

Nei secoli XI-XIII


Dalle fonti in nostro possesso si delinea, a partire da questo periodo, un'abitudine che resterà invariata per diversi secoli: i banchetti, tutti di numerose portate, iniziavano con pietanze e bevande dolci, e proseguivano con il salato, al contrario di ciò che accade oggi. Si riteneva infatti che il dolce allargasse lo stomaco e l'animo dei commensali, ben disponendoli verso gli altri presenti e verso le altre portate. Tra il 1000 e il1200 i piatti dolci sembrano essere stati pochissimi e estremamente rustici.
Nelle zone del nord Italia, della Francia e in parte dell'Inghilterra, ad esempio, si aprivano banchetti con Ippocrasso, vino dolce speziato accompagnato da frittelle di castagne e nespole cotte sotto le braci. I cibi, inoltre, assumevano una valenza simbolica religiosa e mitologica. Il pane e il vino, in particolare, commemoravano la passione di Cristo, ma la simbologia si estendeva anche alla frutta, che veniva cotta sotto le braci per ricordare la rinascita del sole dopo il lungo buio dell'inverno. Rimangono in certa misura ricette di derivazione romana, quali budini e creme, cialde accompagnate da frutta o miele, sformati di farina di castagna in tutto simili al nostro castagnaccio.
Il pane, a differenza che in epoca romana, era un alimento diffusissimo e con infinite varianti anche dolci. Veniva ingentilito con spezie, aromi vari, uva, miele, noci dolci. È l'epoca del Panpepato, del Buccellato, del Pandiramerino, preparazioni aromatiche, decisamente non soffici, destinate a durare a lungo e a poter venire trasportate o inviate senza problemi come regalo a nobili e potenti. Con una certa frequenza si trovano, inoltre, riferimenti a frutta come le pere, cotte in infusioni di rose e vino dolce. Frittelle, ravioli, cialde morbide o croccanti e crispelle fritte si riporta siano state guscio di frutta, formaggi freschi e miele, accompagnate da spezie nei giorni di festa e sulle mense dei ricchi. In particolare le frittelle si ritiene siano di derivazione araba: diversi documenti riportano come fossero in uso presso i crociati di Gerusalemme e come questi le resero comuni e famose, specie in Inghilterra, al loro ritorno in patria.
Si noti che, in questo periodo, il concetto di dolce soffice (come il Pan di Spagna), sembra essere stato del tutto assente. Compare soltanto in riferimento ai pani dolci: è probabilmente di quest'epoca l'antenato del famoso Panettone. Il gelato vede in questo periodo una rinascita in grande stile, grazie ai traffici commerciali con i paesi arabi. Il dolce, che loro addizionavano di spezie e di zucchero di canna, risalì l'Italia a partire dalla Sicilia. Questa era ricca di frutta, specie di agrumi, e il connubio delle due cose ebbe una enorme fortuna, diffondendosi in breve nelle corti. I crociati, all'incirca nello stesso periodo, portarono analoghe ricette scoperte a Gerusalemme nei paesi del nord Europa, primi fra tutti la Normandia e le contee inglesi. Marco Polo porterà a Venezia una variante nella preparazione per cui la refrigerazione veniva controllata mescolando acqua e salnitro, secondo l'uso orientale.
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sabato 13 febbraio 2010

Il gelato: un dolce antichissimo


Un discorso a parte merita, invece, una preparazione che si ritiene usualmente recente ed è invece molto antica: il sorbetto, da cui deriverà il gelato odierno. L'uso di mescolare neve fresca o ghiaccio tritato e frutta o latte è noto da secoli, persino a popolazioni che non sempre avevano facilità a reperire le materie prime. L'Antico Testamento riporta che Isacco dicesse ad Abramo di ristorarsi dal sole violento mangiando un misto di latte di capra e neve.
Numerose testimonianze riportano come fosse diffuso nei banchetti di Cina, India e Giappone.

Diffuso massicciamente in Asia Minore, si ritrova in antichi documenti che riportano come lo stesso Alessandro Magno ne fosse molto goloso. In Egitto e Palestina era in uso sia tra i nobili, che servivano coppe di neve o ghiaccio tritato e succhi di frutta. In Palestina, tuttavia, veniva offerto in versione più rustica anche ai braccianti che lavoravano nei campi. Di lì giunse in Grecia e in Italia, dove divenne un piatto fondamentale dei banchetti romani, e del quotidiano della gente comune: veniva infatti venduto in bancarelle per le strade grazie alle nevi che si ricavavano dall'Etna e dal Terminillo.

Non sappiamo con certezza se davvero questo dolce sia, come sembra, scomparso durante i secoli delle invasioni, per la già citata mancanza di fonti. Sappiamo però con certezza che rimase in uso nei territori arabi, dove si cominciò a gelare non più solo acqua (per poi aggiungervi frutta in pezzi), ma direttamente frutta in purea o in succhi.
È altamente probabile che il sorbetto sia ritornato in Italia grazie ai contatti commerciali con quei paesi. Infatti il termine sorbetto deriva dal turcoşerbat, a sua volta derivato dall'arabo. Alcuni studiosi ne indicano il significato in dolce neve, altri lo fanno derivare dal verbo sorbire.

Può destare curiosità il fatto che popoli tanto antichi potessero ovviare alla deperibilità di ingredienti come la neve fresca o il ghiaccio. Diversi documenti, tuttavia, riportano le tecniche utilizzate per l'approvvigionamento. La neve veniva raccolta nei mesi invernali e conservata, anche molto a lungo, in sotterranei, ben avvolta nella paglia. In mancanza di neve si provvedeva a tritare finissimamente acqua che si fosse fatta ghiacciare in sotterranei profondi o si usava vapore acqueo condensato in luoghi gelidi, che erano comunque già in uso per la conservazione dei cibi.

Ritroviamo il sorbetto e i dessert gelati in uso presso la corte dei Medici, in Firenze, nel 1500. Di lì si ritiene che Caterina de Medici li abbia introdotti alla corte di Francia quando andò in sposa al Duca di Orleans, poi Enrico II di Francia. Nel 1600 erano venduti nelle strade a nobili e plebei e dalla Francia si ritiene che sia entrato in uso in Inghilterra.

venerdì 12 febbraio 2010

In epoca Greca e Latina


È improbabile che si possa parlare di dolci nel senso moderno del termine sino almeno al 1200-1300. Nelle epoche antiche, infatti, le pietanze contenevano spesso una nota dolce, mischiata ad arte con il salato, l'affumicato e l'agro, ma il dolce era raramente una portata autonoma. In tal senso frutti molto comuni, come i fichi e le pere, venivano cotti, fermentati o ridotti in salsa per condire pietanze molto spesso in abbinamento con uova, formaggi, carne arrosto e persino pesce. Un tocco sontuoso veniva fornito dall'aggiunta di spezie e miele.

Tuttavia possiamo rintracciare preparazioni più vicine al nostro gusto attuale. Cicerone cita, a proposito della Sicilia, di avervi mangiato unTubus farinarius, dulcissimo, edulio ex lacte factus, e cioè un rotolo di pastella di farina, molto dolce, preparato con latte buono da mangiare, descrizione che fa pensare al diretto antenato del cannolo alla siciliana.

Lucullo presenta una ricetta di ova sfongia ex lacte, un'omelette aromatizzata di pepe e spalmata di miele, non diversa dalle omelette dolci al miele, marmellata o panna del nord Europa, in uso tutt'oggi.

Tra la gente comune erano reperibili focacce con i fichi e obleidos, cialde simili ai nostri biscotti cotte al momento, frequentemente spalmate di miele. Inoltre si mangiavano quotidianamente i semi dolci come corniole, nocciole, noci, datteri; i semi venivano spesso canditi con miele caramellato in modo non diverso da quanto oggi si fa con lo zucchero per preparare il croccante.

La frutta (uva, prugne, bacche, mele, pere, melegrane) veniva cotta e usata come salsa, come è ancora in uso nei paesi anglosassoni per accompagnare la carne, o spalmata sulle focacce di farina, come oggi spalmiamo la marmellata.

I dolcetti casalinghi più frequenti sembrano essere stati i datteri ripieni di noci o mandorle, che tutt'oggi si regalano nel sud Italia e nel bacino del mediterraneo specie in occasione del Natale. Questi venivano rifiniti da una caramellatura di miele cotto. Altre ricette riportano preparati inequivocabilmente vicini alla crema pasticciera e a flan o budini, dove si mischiavano uova, latte, miele, noci e spezie, prima fra tutte il pepe. Il composto, talvolta con aggiunta di farina, veniva poi cotto sino a addensarsi.

Il dolce, inoltre compariva frequentemente nelle bevande. Una delle più comuni, infatti, era l'idromele. Composto da acqua e miele e variamente fermentato rimase in uso per secoli, tanto da essere bevuto ancora oggi in alcune zone. Presso Etruschi e Germani era in uso il vino di frutta. Ottenuto da una leggera fermentazione di frutti vari (bacche, pere, mele) fu, di fatto, il diretto antenato del sidro dolce, tutt'oggi comunemente prodotto e bevuto in paesi quali Germania, Francia, Belgio, Olanda, Inghilterra che lo esportano in molti paesi.

fonte: www.wikipedia.it

giovedì 11 febbraio 2010

Cenni storici: il problema delle fonti


Trattare l'argomento cucina (e con esso la pasticceria) da un punto di vista storico presenta notevoli problemi determinati dalle fonti. Gli scritti che riguardano la cucina sono pochi e l'argomento fu considerato minore nelle epoche passate. Con l'avvento del Cristianesimo, inoltre, sulla buona tavola gravò la disapprovazione del peccato di gola e questo contribuì a limitare la produzione di testi in merito, spesso visti come l'oziosa perdita di tempo di ghiottoni sfaccendati. In particolare troviamo un vuoto dalla caduta di Roma sino all'anno 1000 e le poche indicazioni reperite trattano soprattutto dell'aspetto morale del cibo (digiuni e astensioni nei giorni di magro) o dell'aspetto dietistico: quali ingredienti assumere o meno per restare in salute e curarsi. Ricette, tuttavia, non sono riportate o ci sono pervenute. Solo attorno al XI secolo, nei monasteri, si inizia a stilare ricettari veri e propri, il primo dei quali ci risulta essere quello della badessa Ildegarda di Bingen, figura di spicco dell'epoca e molto famosa per la sua cultura, la sua morale e i suoi manuali di medicina.
Ricostruire ricette tanto antiche nel dettaglio è, tuttavia, oggettivamente molto complesso sia per la mancanza di uniformità di termini e soprattutto per quella di unità di misura: zone diverse parlavano lingue diverse e misuravano in modi del tutto differenti, che talvolta convivevano persino nel medesimo territorio. Oltre a queste poche fonti sono giunti a noi rari testi nei quali la cucina fosse analizzata come strumento di salute e di cura, piuttosto che di piacere. Queste opere, di medici europei o arabi e talvolta di monaci contribuiscono a darci uno spaccato della dietistica nei secoli.
L'argomento comincia a venire trattato con una certa cura e metodo solo a partire dal 1200 e conoscerà un interesse particolare dal 1400-1500. Tuttavia si deve tenere presente che l'analfabetismo era la norma per la maggior parte della popolazione e persino tra i professionisti di alto livello cui molti cuochi e pasticceri appartenevano. Questo aspetto sarà destinato a perdurare anche in epoche più recenti, limitando ulteriormente i testi che trattano di cucina e pasticceria. In tal senso i testi in nostro possesso furono scritti da persone colte e benestanti quando non decisamente ricche, pertanto trattano in larga parte di cucina per ricchi. La tradizione culinaria delle popolazioni è sopravvissuta solo in via empirica passando, diciamo così, da cuoco o cuoca al suo successore.
Va, inoltre, ricordato che le cene e i banchetti solenni erano occasioni mondane, in cui andava ostentata la ricchezza e la potenza del signore: le portate erano nell'ordine delle decine e, poiché molte non venivano quasi toccate, la festa si allargava anche alla servitù che dimorava presso il Signore e che mangiava ciò che era avanzato. Per contro il cibo quotidiano era sobrio e molto moderato; scendendo di classe sociale dal sobrio passava rapidamente al misero. Da tutto questo consegue che i dolci erano effettivamente una portata di lusso, quasi sconosciuta tra la gente comune, se non nelle forme più rustiche. Oggi sono in corso diversi studi filologici sulla cucina delle diverse zone europee che cercano di rintracciare l'origine e sviluppo di alcune preparazioni, perché facenti parte della cultura, dello sviluppo e della storia delle popolazioni.

fonte: www.wikipedia.it

mercoledì 10 febbraio 2010

Pasticceria

La pasticceria è una parte dell'arte culinaria, dedicata esclusivamente alla preparazione di alimenti dolci quali paste farcite, pasticcini, torte, biscotti, praline, cioccolatini, canditi e simili. La pasticceria è un'arte che appartiene specificamente alla tradizione culinaria europea e alle tradizioni che da essa si sono generate, come quella Americana o creola.


Miele o zucchero? La nascita del concetto di portata dolce



Questa arte ha visto una notevole espansione negli ultimi quattro secoli e in concomitanza con una maggiore reperibilità di alcuni ingredienti sul mercato, primo fra tutti lo zucchero. L'elemento dolce, infatti, rimase per secoli derivato dalla frutta, dal mosto e soprattutto dal miele, che veniva aggiunto come ingrediente di complemento a molti altri. Il miele viene affiancato intorno all'anno 900 D.C. dallo zucchero di canna, importato come spezia dai territori arabi. Solo a partire dal 1500 lo zucchero viene importato dalle Americhe divenendo un ingrediente più comune. Lo zucchero di barbabietola renderà l'Europa autonoma nella preparazione di dolci rispetto alle importazioni. Questo taglierà nettamente i costi e darà un impulso considerevole alla produzione dolciaria, che conobbe una vera e propria esplosione definendo la propria autonomia rispetto alla gastronomia globalmente intesa.


fonte: www.wikipedia.it